Decisione della Corte d’Appello di Catanzaro sulla decisione relativa ad alcuni reati e ad alcuni indagati dell’operazione Re Nudo. Il processo in primo grado presso il tribunale di Paola è tuttora in corso di dibattimento.
La Corte d’Appello di Catanzaro, presidente Antonio Battaglia, consiglieri Paola Ciriaco e Carlo Fontanazza, ha dichiarato oggi, mercoledì 6 marzo 2024, inammissibile l’appello proposto dal Pubblico Ministero contro la sentenza di non luogo a procedere emessa dal Giudice per le udienze preliminari di Paola nel 2021 per alcuni dei reati contestati a 51 degli indagati nell’ambito dell’inchiesta denominata “Re Nudo” su presunti reati contro la pubblica amministrazione nelle sedi del Tirreno dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza.
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Cosa aveva deciso il Gup di Paola
La sentenza del Gup in questione risale al giugno del 2021. In quella occasione, al termine di una lunghissima camera di consiglio, i tre principali indagati Mario Russo, Antonia Coccimiglio ed Eugenio Vitale erano stati rinviati a giudizio per alcuni dei molti reati contestati e il processo è tuttora in corso a Paola.
I tre dipendenti dell’Asp di Cosenza erano finiti al centro delle indagini per i rispettivi ruoli di presidente, segretaria e impiegato addetto alle pratiche della commissione per l’accertamento dell’invalidità e dell’handicap di Diamante.
Contestualmente e limitatamente ad alcuni reati, il Gup aveva prosciolto loro e altri degli 89 indagati. In questo modo erano del tutto cadute le accuse per alcune figure marginali, come nel caso del consigliere comunale di Scalea Raffaele D’Anna.
Il Giudice per le udienze preliminari, inoltre, aveva assolto “perché il fatto non sussiste” la dipendente Asp Francesca Amoroso, assessore della Giunta comunale di Diamante, unica indagata ad aver preferito il rito abbreviato.
Operazione Re Nudo contro illeciti nell’Asp di Cosenza
L’operazione Re Nudo ha riguardato dipendenti pubblici dell’Asp di Cosenza, imprenditori del settore funebre, delle autoscuole e cittadini destinatari di sussidi o rinnovi di documenti.
I reati contestati dall’autorità giudiziaria sono di associazione per delinquere, falsità materiale e ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, truffa aggravata ai danni dello Stato per il conseguimento di erogazioni pubbliche, concussione, corruzione, induzione indebita a dare o promettere utilità.
L’operazione era scattata a dicembre 2020, al termine di un periodo di alcuni anni di indagini condotte dai carabinieri della compagnia di Scalea, inizialmente coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia, su Mario Russo, ex sindaco di Scalea, ed emersi dalla nota indagine Plinius del 2013.
In seguito le indagini sono passate sotto il controllo della Procura della Repubblica di Paola affiancata da un magistrato dell’Antimafia e si sono concluse con una ordinanza di misure cautelari di limitazione della libertà personale e interdittive, richiesta dalla procura e disposta dal Gip di Paola. Russo, Coccimiglio e Vitale finirono in carcere, 6 indagati agli arresti domiciliari e tutti gli altri indagati a piede libero.
Il procedimento ha subito anche un depotenziamento quando il Gup stesso ha dichiarato inutilizzabili molte intercettazioni dell’inchiesta.
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