Un contributo sul Primo Maggio da parte del sindaco di Scalea. “Non può essere una festa vera con morti, precarietà e sfruttamento”.
DI GIACOMO PERROTTA
Non c’è partito che faccia battute inopportune e non c’è figura estremista che si metta dall’altra parte rivendicando gli assalti alle Camere del Lavoro degli anni ’50 e ’60 oppure la bastonatura dei braccianti e degli operai in sciopero.
Tuttavia il Primo Maggio dei nostri tempi suscita modeste discussioni soprattutto per un altro motivo: di questa parola, lavoro, nessuno sa più cosa farne, cosa dirne, persino cosa pensarne.
Il Primo Maggio è la festa di tutti gli italiani che lavorano, anche in maniera autonoma, quindi partite Iva, artigiani, commercianti, piccoli imprenditori, ma non può essere una festa vera finché ci saranno ancora morti sul lavoro, finché ci saranno ancora lavoratori sottopagati e sfruttati.
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Oggi va invocata a gran voce la parola Lavoro in un Paese dove il lavoro nero è da primato, la precarietà è crescente così come il lavoro sottopagato o non pagato proprio, l’insicurezza è un tema costantemente d’attualità, il tasso ufficiale di disoccupazione è al 10,2 per cento, quasi il doppio della media europea, e quello giovanile al 30,2 per cento, quasi il triplo del dato comunitario.
Il Primo Maggio è la festa della Dignità dell’Italia che è una Repubblica fondata sul Lavoro”.
*sindaco di Scalea