Piro in carcere a Potenza e Di Lascio ai domiciliari. Misure cautelari anche per gli assessori regionali Cupparo e Leone e per il dg del San Carlo Spera.
Francesco Piro, consigliere regionale, e Maria Di Lascio, sindaco di Lagonegro sono stati arrestati questa mattina nell’ambito di una inchiesta della Dda lucana su sanità ed elezioni.
Secondo gli inquirenti, insieme ad altri indagati sarebbero a vario titolo responsabili di condotte illecite in relazione a nomine sanitarie e alle elezioni comunali di Lagonegro oltre che alle recentissime consultazioni politiche dello scorso 25 settembre.
I reati contestati vanno dall’induzione indebita alla corruzione e dalla tentata concussione ad altri reati
contro la Pubblica amministrazione.
Come avevamo riportato questa mattina (leggi qui) gli arresti dei due politici lagonegresi sono avvenuti nell’ambito di una indagine della Dda lucana scattata due anni fa e conclusasi oggi con misure cautelari disposte dal Gip ed eseguite dai carabinieri del comando provinciale e dalla squadra mobile della polizia di Stato del capoluogo di regione.
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Misure cautelari e indagati: i nomi
Come detto, Francesco Piro, anche capogruppo di Forza Italia nel Consiglio della Regione Basilicata, e Maria Di Lascio, prima cittadina di Lagonegro, sono stati destinatari di misura cautelare nel carcere di Potenza, il primo, e ai domiciliari la seconda.
Francesco Cupparo, assessore regionale, e Rocco Luigi Leone, consigliere ed ex assessore, sono stati destinatari della misura dell’obbligo di dimora.
Giuseppe Spera, ex direttore amministrativo dell’Azienda sanitaria di Potenza e commissario straordinario e attuale direttore generale dell’azienda ospedaliera San Carlo di Potenza, è stato interdetto dall’esercizio di funzioni pubbliche.
Sempre questa mattinata, le forze dell’ordine hanno proceduto anche a perquisizioni locali e di natura informatica presso alcuni domicili, all’interno degli uffici della Regione Basilicata e presso l’amministrazione comunale di Lagonegro.
Gli inquirenti hanno inoltre emesso informazione di garanzia per altri indagati tra cui Vito Bardi, presidente della Giunta Regionale della Basilicata, Francesco Fanelli, già assessore alle Politiche agricole, alimentari e forestali della Regione Basilicata, attualmente assessore alla Salute, Donatella Merra, assessore alle Infrastrutture e mobilità della Regione Basilicata, Antonio Ferrara, dirigente del settore Amministrativo della Regione Basilicata e segretario generale della Giunta regionale, e Gianni Mastroianni, assessore del Comune di Lagonegro con deleghe alle Attività produttive, commercio, artigianato, dissesto idrogeologico, forestazione, lavoro e formazione.
Effettuate inoltre perquisizioni, locali e di natura informatica, in alcuni domicili, all’interno degli uffici
della Regione Basilicata e presso l’amministrazione comunale di Lagonegro.
I filoni dell’inchiesta
Al centro dell’inchiesta alcune intercettazioni e dichiarazioni rese alla procura distrettuale potentina oltre all’acquisizioni di documenti.
“All’esito delle investigazioni – fanno sapere dalla Procura di Potenza -, nell’ambito del procedimento che vede numerosi indagati fra privati ed altri pubblici ufficiali, appartenenti sia all’amministrazione regionale della Basilicata che all’amministrazione comunale di Lagonegro, abbiamo formulato richieste cautelari nei confronti dei suddetti cinque indagati in relazioni ai quali, con valutazione condivisa dall’organo giudicante, si riteneva sussistessero, oltre che gravi indizi di colpevolezza, anche le necessarie esigenze cautelari.
Ferma restando la presunzione d’innocenza fino a sentenza definitiva di condanna e ribadito che le
indagini preliminari sono in pieno svolgimento, questo ufficio ha elevato 23 imputazioni provvisorie che vanno dal delitto d’induzione indebita (riqualificato, in alcuni casi, dal Gip in quello di corruzione), a
quelli di concussione tentata, peculato, traffico d’influenze ed abuso in atti di Ufficio (per queste tre
imputazioni non si è richiesta, ne è stata disposta alcuna misura cautelare)”.
E ancora – spiega sempre la Procura – “nel corso delle indagini, nel pieno rispetto del diritto di difesa questo Ufficio ha raccolto le dichiarazioni di alcuni indagati. Le stesse, fermo restando il successivo vaglio processuale, allo stato, secondo la valutazione contenuta nell’ordinanza cautelare emessa dal Giudice, non sono state ritenute credibili”.
Le vicende oggetto d’indagine si inquadrano in diversi filoni investigativi.
Sanità Lucana
“Quello della gestione della sanità lucana da parte degli organi preposti, con particolare riferimento sia alle attività amministrative prodromiche e deliberative inerenti al progetto di costruzione del nuovo Ospedale di Lagonegro (in ordine al quale sono previsti investimenti per circa 70 milioni di euro), che quelle relative alle nomine di personale medico e paramedico presso l’Ospedale San Carlo“.
Elezioni comunali Lagonegro
Poi, il filone relativo “alle attività tese al procacciamento di voti in occasione delle elezioni comunali di
Lagonegro, nel corso delle quali, secondo il costrutto accusatorio da verificare nel corso dei successivi
passaggi processuali, gli indagati, avvalendosi delle loro prerogative pubbliche, ottenevano la promessa di voti o di pacchetti di voti, in cambio di atti del loro Ufficio Pubblico: trasferimenti, promozioni,
assunzioni, affidamenti di servizi pubblici, vari favoritismi collegati all’insediamento del nuovo ospedale di Lagonegro“.
Emergenza Covid
C’entra anche l’emergenza Covid, poiché esiste un filone di indagine relativo alla “gestione, nel primo periodo della pandemia dei cosiddetti Kit tampone. In particolare, secondo la ricostruzione accusatoria, esponenti dell’amministrazione regionale a differenza degli altri comuni cittadini, accedevano a tali controlli in assenza dei rigidi presupposti all’epoca richiesti dalla normativa.
In questo contesto l’ordinanza cautelare, ferma restando la presunzione d’innocenza, ha particolarmente valorizzato, ai fini della valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari nei confronti degli indagati
raggiunti da misura (oltre al pericolo di reiterazione delle condotte desumibile dalla pluralità di reati contestati ed il pericolo d’inquinamento probatorio) anche le seguenti emergenze investigative.
Piro, rapporti con la criminalità organizzata
Le plurime dichiarazioni ed intercettazioni riferibili alla posizione di Francesco Piro da cui emergerebbe
come lo stesso, non solo avesse relazioni con esponenti della locale criminalità organizzata, ma, non di rado, per raggiungere proprie finalità personali, politiche ed elettorali, ed a scopo intimidatorio, ostentava ai suoi interlocutori i suoi asseriti collegamenti con contesti criminali calabresi.
Piro e Di Lascio: le elezioni politiche
Le indagini svolte nel corso della campagna elettorale nazionale tenutasi fino al 25 settembre 2022, nel corso della quale alcuni degli indagati strumentalizzavano la loro funzione pubblica per effettuare delle ritorsioni contro soggetti che erano ritenuti non disponibili a sostenere il candidato Piro.
In particolare, e fra l’altro: il sindaco di Lagonegro richiedeva (senza riuscirvi), a funzionari di società che gestiscono le reti di telefonia mobile, di disattivare i ponti radio da loto gestiti, per impedire così il traffico telefonico in determinate zone dell’area geografica sopra indicata dove abitavano i non-sostenitori del Piro affinché a costoro fosse (di fatto) impedito di usufruire del servizio telefonico mobile.
Sempre il medesimo pubblico ufficio si attivava per impedire che altro presunto non sostenitore del Piro accedesse alle condotte idriche a servizio di terreni agricoli, mentre venivano programmate altre ritorsioni contro altri presunti avversari politici o meglio non-sostenitori del predetto candidato.
Le investigazioni relative ai tentativi di indurre dipendenti regionali nel settore della forestazione, da parte
dell’assessore regionale al ramo, a sostenere il candidato Piro”.