DIAMANTE

Sparatoria a Diamante, don Ennio Stamile: “No al chi ci putimu fa”

Le parole del referente di Libera per la Calabria alla manifestazione cittadina post sparatoria sul lungomare.


Un momento come quello di oggi serve solo se passa il messaggio che in Calabria dobbiamo cambiare modo di pensare. Davanti a fatti come quello appena successo non dobbiamo risolvere tutto dicendo Noi chi ci putimu fa! Quando il male si manifesta crea sofferenza a chi lo subisce, a chi lo fa. Crea sofferenza a tutti noi“.

Questo è uno dei passaggi più intensi del discorso pronunciato ieri da don Ennio Stamile, referente regionale di Libera in Calabria, nell’ambito della manifestazione di riflessione sui gravi fatti avvenuti recentemente a Diamante.

Nella sera dello scorso venerdì 4 febbraio, un cittadino diamantese, il pasticciere Stefano Perugino, è stato ferito da alcuni colpi di pistola di fronte al suo bar. Poche ore dopo, tre fratelli del posto sono finiti in carcere con l’accusa di tentato omicidio aggravato dai futili motivi, come riportato in un nostro precedente articolo.

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La reazione delle istituzioni locali è stata immediata. Quella di lunedì 7 febbraio doveva essere una fiaccolata, ma causa meteo avverso si è deciso di riunirsi nella Chiesa Gesù Buon Pastore di Diamante.

Qui, il sindaco Ernesto Magorno ha fatto gli onori di casa chiedendo “maggiori uomini e mezzi per le forze dell’ordine”, perché quello più recente non è l’unico atto violento registrato sul territorio.

Non solo di Diamante ha inteso parlare anche don Ennio Stamile.

“Bisogna dire no alla violenza su tutto il territorio – ha detto -. Stasera siamo chiamati a riflettere sulla presenza tra noi di una mentalità mafiosa che, se ci giriamo dall’altra parte, ci pervade e che si manifesta quando si cede al compromesso.

Bisogna fare fronte comune contro questa mentalità – ha specificato – che è chiaramente visibile quando si manifesta, ma che alberga nel cuore e nella mente indisturbata”.

Il richiamo è dunque all’impegno della società civile su un “territorio che ha una storia di ‘Ndrangheta che ha mosso i suoi primi passi a Cetraro e a Paola per poi estendersi dappertutto e sappiamo come”.

Per spiegare meglio quali siano gli effetti di questa presenza, don Ennio parte proprio dall’esempio della sua Cetraro.

“1000 anni di storia sono stati cancellati da un imbianchino di nome Francesco Muto che ha deturpato il volto della città, facendone un luogo non conosciuto per la sua immensa storia, cultura o per il suo porto: ma per la presenza asfissiante della ‘Ndrangheta.

Lo stesso hanno fatto le altre famiglie a Scalea, a Rosarno, a San Luca, a Locri o in altri mirabili centri di sviluppo della cultura calabrese. Oggi siamo a Diamante – ha poi proseguito il referente di Libera calabrese – e la storia di questa città non è questa! È una storia di bellezza, cultura e ospitalità”.

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L’appello al ruolo che ogni cittadino dovrebbe recitare è incessante: “Siamo tutti chiamati alla denuncia come società civile – ribadisce don Ennio -. Non abbiamo bisogno di eroi, ma di persone che fanno il loro dovere.

Certo, servono le forze dell’ordine, ma anche cittadini liberi e responsabili che si prendono cura della realtà quotidiana. Che si schierino dalla parte del bene. Che stiano dalla parte della vita.

Spero che questa riflessione – ha infine auspicato – si concluda con memoria e impegno”.

Andrea Polizzo

Giornalista professionista dal 2010 e blogger. Sin dal 2005 matura esperienze con testate regionali di carta stampata, on-line e televisive. Attualmente collabora con il mensile d'inchiesta ambientale Terre di Frontiera e con il network VicenzaPiù. Ideatore di blogtortora.it, caporedattore e coordinatore di www.infopinione.it.

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