Il sindaco di Buonvicino, Angelina Barbiero, prova a fare chiarezza tra le pressioni delle lobbies e la giungla delle leggi in vigore.
“La scuola e il resto del mondo“.
È questo il titolo di uno scritto diffuso sui social sul tema Coronavirus e Scuola e scritto dal sindaco del Comune di Buonvicino, Angelina Barbiero.
Si tratta di una risposta al quesito: “Chi decide se una scuola debba restare chiusa e quindi svolgere attività didattica da casa”?
Da quanto raccolto da queste pagine nelle ultime ore, abbiamo visto i casi di Santa Maria del Cedro e Grisolia nei quali le ordinanze dei rispettivi sindaci hanno contestualmente chiuso le scuole per un determinato periodo e disposto la Dad.
A Scalea, invece, il primo cittadino ha disposto la chiusura delle scuole e l’organizzazione della didattica è rimasta in carico alle dirigenze scolastiche. (cliccando sui nomi dei comuni puoi leggere i rispettivi articoli)
Infine, ricordiamo che recentemente il Consiglio dei Ministri ha stabilito le modalità per i diversi ordini scolastici per la predisposizione della Didattica a distanza in base al numero degli alunni positivi in ogni singola classe. Puoi leggerle cliccando questo link.
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Buona lettura.
DI ANGELINA BARBIERO*
Si sta infiammando in queste ore il dibattito sulla scuola: chi le vuole tenere chiuse, chi vuole la Dad, chi le vuole aperte. Il Governo, con un ennesimo decreto legge, ha deciso per l’apertura nonostante la recrudescenza del virus e ha stabilito nuove regole per andare in Dad.
A questo punto la lobby potente della scuola ha rivolto il suo pressing sui sindaci: ciò che non ha fatto il Governo deve farlo il sindaco. Può il sindaco adottare provvedimenti in materia?
La Corte costituzionale con la sentenza 37/2021 ha chiarito che le misure di contenimento dei contagi da Covid-19 rientrano nella materia della profilassi internazionale e pertanto appartengono alla competenza esclusiva dello Stato.
Lo Stato con l’art . 1 del DL 111/2021 ha stabilito che nell’anno scolastico 2021-2022 l’attività didattica si svolge in presenza, e ha fissato una serie di misure minime di sicurezza.
È stato, inoltre, stabilito che fino al 31 dicembre 2021 “i presidenti di regione e i sindaci possono derogare, per specifiche aree del territorio o per specifici istituti esclusivamente in zona rossa” alla previsione della didattica in presenza, “in circostanze di eccezionale e straordinaria necessità dovuta all’insorgenza di focolai o al rischio estremamente elevato di diffusione del virus nella popolazione scolastica” ( art.1, comma 4).
I giudici amministrativi hanno chiarito che l’adozione di tali ordinanze – possibili solo in zona rossa – presuppone comunque “una precisa contestualizzazione della dinamica di crescita dei contagi in relazione alle scuole al fine di un riscontro dell’effettiva, attuale presenza – nelle scuole medesime – di focolai o quanto meno di univoci elementi rivelatori di un rischio “estremamente elevato” del virus o di sue varianti, appunto, “nella popolazione scolastica”.
Tale assetto normativo è stato confermato dal D.L 221/2021 con il quale è stato prorogato fino al 31 marzo 2022 lo stato di emergenza e contemporaneamente la disciplina in materia di istituzioni scolastiche. La Tabella A allegata al decreto legge al n.22 proroga al 31 marzo 2022 la disciplina sulla didattica in presenza e i poteri derogatori dei sindaci esclusivamente nelle zone rosse.
Nè tale assetto normativo è stato modificato dal recentissimo decreto legge (non ancora pubblicato) con cui il Governo, pur in presenza di una crescita esponenziale dei contagi, ha solo stabilito le condizioni al verificarsi delle quali i dirigenti scolastici debbono organizzare la Dad.
Se questo è l’assetto normativo, quale spazio hanno i sindaci di intervenire sull’organizzazione delle attività scolastiche?
A mio avviso nessuno, anche perché la Calabria è in zona gialla e non rossa. E anche perché la situazione dei contagi è stata ponderata dal Governo il 5 gennaio scorso e la valutazione dei dati statistici ha giustificato (giusto o sbagliato che sia) la conferma dell’attuale regime della didattica in presenza.
A mio avviso, il sindaco non può esercitare nemmeno il potere di ordinanza di cui all’art 50, comma 5 del Tuel, il quale presuppone che si sia in presenza di una situazione di emergenza sanitaria “a carattere esclusivamente locale”. La norma, insomma, non consente al sindaco di agire sulla base della (pur preoccupante) situazione dei contagi, essendo richiesta una ulteriore causa legata a specifiche criticità locali accertate dall’Asp.
Perché si tirano i sindaci per la giacchetta? La risposta è troppo facile, perché serva che io qui la espliciti.
Se il sindaco cede alle lobbies (delle mamme preoccupate, degli insegnanti, del personale ausiliario, etc.), sarà chiamato in causa anche da altri gruppi di pressione, come i dipendenti comunali che reclamano lo Smart working generalizzato che pure il Governo non ha ripristinato.
Insomma, nella guerra delle lobbies vedremo se la vince il diritto o la prepotenza.
Intanto non mi pare che sia stata attuata la previsione dell’art 13 del DL 221/2021 che prevede l’impiego dei laboratori del Ministero della difesa per potenziare lo screening tra la popolazione scolastica. Si potrebbe iniziare ad attuare ciò che c’è.
PS. A mio avviso il Governo sta sbagliando tutto. Ma ciò non significa che debba sbagliare pure il sindaco.
*Sindaco del Comune di Buonvicino