Secondo Vetere il centro rivierasco da lui amministrato è in regola con la depurazione e denuncia: “Anche i territori a monte devono depurare”.
Il dito indice del sindaco Ugo Vetere punta verso le colline alle spalle del territorio rivierasco di Santa Maria del Cedro.
È da lì che, secondo il primo cittadino, arrivano i problemi per la qualità delle acque del mare.
Oggi, l’Agenzia regionale per l’ambiente della Calabria ha emesso la seconda comunicazione nel giro di pochi giorni circa un punto di non balneabilità delle acque marine proprio a Santa Maria del Cedro.
Troppo alti, sostiene l’Arpacal, i valori di escherichia coli riscontrati dalle analisi di un campione di acqua marina prelevato alla foce del fiume Abatemarco.
Escherichia coli ed enterococchi, entrambi microorganismi, sono notoriamente gli indicatori utilizzati per valutare le qualità del mare e, in linea di massima, sono attribuibili a scarichi fecali.
Possono quindi derivare da una cattiva depurazione o da scarichi abusivi.
Ecco cosa ha quindi generato le gravissime accuse, peraltro non le prime, lanciate dal sindaco Vetere.
Secondo lui, sarebbe il caso di controllare se siano funzionanti i depuratori comunali interessati dal corso dell’Abatemarco, fiume che nasce a Verbicaro e dopo una corsa di circa 20 chilometri si getta nel Tirreno cosentino.
Questo, anche perché il primo cittadino di Santa Maria del Cedro mette la mano sul fuoco circa la bontà del lavoro svolto dal proprio impianto comunale.
“Siamo stanchi” ha scritto su Facebook a corredo della pubblicazione di alcune foto scattate lungo il corso d’acqua e che mostrano sospette schiume in superficie.
“Mentre pubblicavamo il video che mostra l’uscita di acqua pulita dal nostro depuratore – sbotta Vetere -, nel nostro fiume da monte arrivava tanto (foto). Anche i territori a monte devono depurare.
Ho denunciato tutto alle autorità competenti e ho chiesto all’Arpacal l’immediato campionamento delle acque del mare e del fiume”.
Quest’ultimo aspetto avverrà come da prassi consolidata dell’agenzia ambientale regionale che, ogni volta che riscontra la non balneabilità del mare in un punto, invita l’amministrazione comunale a “intraprendere misure di gestione” necessarie.
Tra queste, “l’individuazione delle cause di inquinamento, i programmi d’intervento, la rimozione delle cause, nonché le relative ordinanze sindacali di divieto alla balneazione per i tratti indicati”, spiega l’Arpacal.