Una mattinata di ordinari disservizi nel poliambulatorio Asp di Scalea. Perché paghiamo le tasse e non ci meritiamo neanche una fotocopia?
SCALEA – Scene di ordinari disservizi al Poliambulatorio dell’azienda sanitaria provinciale di Scalea.
Ci capita spesso di raccogliere da voi lettori lamentele circa i disservizi patiti in luoghi pubblici. Oggi ne siamo stati testimoni diretti noi e ne scriviamo.
Non è certo una novità. Rivolgersi allo sportello principale della struttura sanitaria di Scalea metterebbe alla prova anche i nervi del Dalai Lama. Figurarsi quelli del semplice cittadino.
Semplicemente: è una giungla. Il dispenser dei numeri per la coda e il relativo display esistono, ma sono fuori servizio. Secondo alcuni il sistema sarebbe funzionante ma disattivato. Non appare sufficiente la giustificazione fornita da alcuni componenti del personale secondo i quali era fonte di continui litigi tra gli utenti. Pare che, infatti, si fosse diffusa la consuetudine per la quale i cittadini prelevavano il proprio numero e andavano via. Tornavano poi in un secondo momento, dopo aver sbrigato altre faccende personali. Indispettendo, in questo modo, quegli altri che avevano invece deciso di attendere davanti allo sportello.
Ma l’alternativa a quel sistema, di certo non ha risolto il problema. Un modus vecchio come il cucco: chi arriva alla coda cerca di individuare, chiedendo, chi è l’ultimo in fila e si regola di conseguenza. Ma, in assenza di turni certi può succedere che si litighi lo stesso. Dopo un’abbondante mezz’ora di attesa, infatti, può capitare di dimenticare l’ordine. Ricomporlo è un esercizio di calma e autocontrollo dell’ira a cui molti dei presenti decidono di partecipare.
A rallentare tutto, i tempi molto lenti di gestione dei turni. Pare per la lentezza, in alcuni casi assenza, della linea internet che serve la struttura. E contro questo i dipendenti possono poco.
E ancora può succedere anche che la fila venga ingolfata da altri problemi. Questa mattina, ad esempio, si è registrata una forte confusione in merito alla prescrizione delle strisce per la misurazione della glicemia per pazienti diabetici.
Però l’umanità in coda è varia e composita
Però, per chi è abituato ad osservare il prossimo, soprattutto nei tempi morti di una snervante attesa, si apre la possibilità di osservare uno scenario d’umanità vario e composito. E si ha anche la possibilità di capire meglio i disagi dei singoli soggetti.
C’è l’autotrasportatore di Verbicaro che ogni maledetto giorno si alza che è ancora buio e deve recarsi a Cosenza per prendere lavoro. Oggi ha chiesto un giorno di permesso perché è l’unico della famiglia in grado di accompagnare gli anziani del nucleo a farsi autorizzare i già menzionati presidi per diabetici. Ed è la terza volta che torna perché – lamenta – gli hanno perso la documentazione.
Preannuncia che intende chiamare i carabinieri se non gli troveranno una soluzione ma, nell’intenzione, viene anticipato da un altro uomo con lo stesso problema. Quest’ultimo discute con l’impiegato che non riesce a far combaciare la prescrizione del medico curante del genitore con i dati archiviati nel computer aziendale. Ha già il telefono all’orecchio quando la situazione sembra risolversi.
C’è l’anziano, vestito da campagna. Esasperato da quell’attesa. Ma non tanto quanto la figlia che lo ha accompagnato e che cerca in tutti i modi di difendere il proprio turno provando anche a scalarne qualcuno.
C’è anche l’altro anziano che non ha capito che gli sportellisti in panne per la “questione strisce” hanno deciso di creare due file. Una per i diabetici. L’altra per tutto il resto. E chiede al giovanotto polacco, che già ha difficoltà per capire e a sua volta farsi capire dallo sportellista, se per caso non gli ha fottuto il posto mentre era distratto.
C’è anche uno che conosco e che incontro appostato di fronte la porta di uno studio medico. Deve fare una visita, e quello di oggi è il terzo tentativo di sorprendere il medico sul posto di lavoro. Un po’ come è accaduto qualche tempo fa a Gino Domenico Spolitu costretto poi ad alzare la voce.
C’è il lavoratore che, fortunatamente ottimista, passa mezz’ora in fila e poi getta la spugna sorridendo. “Va beh – dice allontanandosi –. Ci riprovo domani mattina”. C’è anche la signora piacente col figlio annoiato che, fortunatamente, viene incrociata dal medico conoscente e che poi misteriosamente abbandona la fila.
Nel mezzo, ci sono, i dipendenti che si aggirano nei corridoi a vista o ti passano davanti perché qualcuno ha avuto la magnifica idea di mettere l’apparecchio per timbrare il cartellino nello stesso spazio degli sportelli. Tra loro noti quello indaffarato, quello che fa quel che può, ma anche qualcuno che ciondola o deambula come se non avesse meta.
Ovviamente al peggio non c’è mai fine
Ma al peggio pare non esserci mai fine. Infatti, gli utenti che devono accedere ad alcuni servizi, come nel caso dell’esenzione dalla spesa sanitaria per motivi di reddito devono portarsi da casa una fotocopia dei documenti d’identità. Io, come altri sbigottiti utenti, l’ho scoperto solo questa mattina. Ma pare che la cosa vada avanti da così tanto tempo che si è consolidata come consuetudine. Tant’è vero che nei pressi degli sportelli sono stati appesi appositi cartelli. Semplici fogli A4 che informano l’utente che le tasse sanitarie che paga non gli valgono neanche lo schifo di una fotocopia. A domanda del perché, mi viene risposto quasi candidamente che non hanno a disposizione una fotocopiatrice.
E allora come si fa? Chiedo io altrettanto candidamente, anche se ho già la risposta. Solo spero che non sia quella. “Bisogna andare a farle”. Da località Petrosa, dove notoriamente è ubicato il poliambulatorio, bisogna tornare in centro a Scalea a cercare una copisteria. Poi, bisogna rifare la fila. Un tremendo fastidio, ma – direbbe qualcuno – nulla di impossibile. A meno che non sei uno dei tanti anziani che affollano le stanze della struttura in cerca di assistenza, esenzioni, farmaci, visite specialistiche, cure. Insomma del diritto alla sanità.
Ma non è finita qui. Qualcuno mi dice: “Oppure…”. Oppure, per farla breve: “Se conosci qualcuno negli uffici, vai e te la fai fare”. Chiarisco al mio interlocutore che sì, certo che conosco qualcuno negli uffici del poliambulatorio. Ci sono almeno un paio di sindaci della città che lavorano lì dentro, che ho conosciuto per lavoro e ai quali potrei provare a chiedere. “Ma il povero Cristo che invece non conosce nessuno”? Un’alzata di spalle è la risposta che mi viene elargita da un’operatore che poi mi confida: “Ci piange il cuore quando dobbiamo spiegarlo ai vecchietti. Ma noi non ci possiamo fare niente”.
Ho iniziato allora a girare per i corridoi fino a che, in uno di questi, mi sono imbattuto in una fotocopiatrice. Il primo istinto è stato di utilizzarla. Contemporaneamente, però, ero anche frenato dalla paura di essere scoperto. Poi ho pensato che, dopotutto e in quanto bene pubblico, quella fotocopiatrice mi appartiene. Come appartiene a tutti i cittadini che pagano le tasse. E l’ho usata. Mi assumo le responsabilità del gesto che consiglio anche agli altri che si troveranno nella mia stessa situazione. La fotocopiatrice si trova poco dopo la sala dei vaccini.
Se devi cercare una risposta è meglio rifugiarti nell’utopia
Ottenuto ciò per cui mi sono recato questa mattina nella struttura pubblica del territorio posso far ritorno a casa. Non senza riflessioni. Se non si riescono ad ottenere cose semplici come una macchinetta eliminacode, una fotocopiatrice e qualche risma di carta, un terminale collegato alla fibra ottica come si pretende o si spera allora di riaprire un ospedale, di potenziare la rete del soccorso per i codici rossi?
La risposta, in me, è di una scontatezza imbarazzante. Allora, meglio rifugiarsi nelle utopie. Cosa succederebbe – mi chiedo – se i cittadini si organizzassero e, pacificamente, occupassero la struttura? Se, tra questi ultimi, un elettricista riattivasse il dispenser dei numeri e il display dei turni? Se un tecnico informatico capisse e sistemasse il problema di linea internet dei computer? Se quattro dei più in forza spostassero di peso quella fotocopiatrice dal corridoio dei laboratori alla sala d’attesa? Cosa succederebbe? Ci denuncerebbero per illecita riattivazione di servizio pubblico?
NOTA: per scrivere questo pezzo ho ascoltato Miles Davis. Per segnalare disservizi in luoghi pubblici o altro scrivete a redazione@infopinione.it o usate il form che trovate in ogni pagina del sito, in basso a destra.
L’articolo è sempre attuale,di male in peggio….sono schifata