TORTORA – Carissimi lettori, il caldo è davvero insopportabile, ma non molliamo, anzi, desideriamo.
E si, miei cari. Certo, comprendo benissimo che il verbo usato è soggetto ad interpretazioni varie e anche nei miei confronti si potrebbe avere qualche resistenza o obiezione dovuta al comando esplicito della Scrittura: “Non desiderare”.
Non è questo il luogo per un’interpretazione accurata del dettame biblico, ma di fatto l’autore sacro vuole metterci in guardia da una forma di desiderio che è solo espressione di dominio.
Fin qui, la critica la posso accogliere, ma non oltre. Infatti il termine desiderio etimologicamente significa: sentire la mancanza di qualcuno, o qualcosa.. una forma di allontanamento, che suscita smarrimento.
Domanda: lontananza da cosa? Oppure da chi? Da noi stessi. Dal quel nucleo fondamentale presente nel nostro cuore che ci spinge a fare il bene ma che viene sovente calpestato.
Sono due le ‘bestemmie’ ricorrenti che ci fanno arrendere di fronte alla realtà che ci circonda.
La prima è “Ormai, non si può far nulla: è meglio arrendersi”. E così la preoccupazione di Heric Fromm diventa ancora realtà. L’acuto scrittore asseriva: “Alcuni uomini muoiono senza essere mai nati del tutto”. Tutto ciò perché abbiamo spento il desiderio, siamo incapaci di volgere lo sguardo oltre ciò che appare, e non semplicemente verso l’assoluto, Dio, ma anche verso un’umanità nuova, diversa, vera. Un rischio comune è abbandonarsi a se stessi per non rischiare troppo, non avere ferite, e senza alcun rischio: “Non illuderti per non deluderti”.
L’altro atteggiamento scorretto è uguale e opposto, cioè negare il mondo dei limiti, rifugiandosi nelle fughe della fantasia, idealizzando i valori, senza considerare la loro possibilità effettiva di realizzazione.
Sono due estremi, l’abbandono o la fuga, in un mondo che non esiste perché irreale. Arrendersi è davvero il contrario del desiderare. Dire che il male è ineluttabile, o che il mondo non potrà mai essere alla portata dell’uomo è spegnere il desiderio, come capacità di andare oltre, di guardare la stella, e non il dito che la indica.
Guarda caso, a volte, ciò che non si dovrebbe fare stimola l’interesse, ciò che va fatto non viene seguito. La virtù infatti sembra piatta e noiosa, mentre il proibito alletta.
Lo scrittore inglese Oscar Wilde con un sarcasmo tutto suo diceva: “Il paradiso lo preferisco per il clima, l’inferno per la compagnia”.
Questo dice la forza che si sprigiona dentro di noi, ma allo stesso tempo la necessità di educare il cuore e orientarlo nel verso giusto. Si può e si deve desiderare il meglio. Dobbiamo accendere la speranza. Occorre mettersi in cammino, come i Magi, i quali si sono affidati e nonostante gli ostacoli del cammino, nonostante i tanti Erode e limiti del percorso. Sono andati avanti, senza timore, ma soprattutto senza guardarsi indietro, perché chi si guarda indietro, torna indietro.
Forza, desideriamo il meglio, non per dovere ma per piacere e per gioia. La vita piena è possibile, ma occorre lo slancio del cuore. E il cuore, gli occhi, si devono posare su ciò che conta.
A ciascuno la propria parte, senza lasciarsi sfuggire l’occasione, perché chi non approfitta dell’occasione è uno stolto “Ancora senza cucchiaio, anche quando arriva la pappa” (Linnemann, in J. Gnilka, Il Vangelo di Matteo, Paideia, Brescia, 1990).
Buona vacanze e buon lavoro a voi tutti,
Don Fiorino.
è un piacere scrivere cara Giancarla…
Arrendersi è il contrario di desiderare…
forza desideriamo il meglio, non per dovere ma per piacere e per gioia.
La vita piena è possibile, ma occorre lo slancio del cuore
Come sempre grazie Padre !