Impegno comune rimprovera Tortora nel Cuore
Le sentenze definitive non sono opinioni di parte
DI ANDREA POLIZZO
TORTORA – “Incalliti riccorrenti”. Così il gruppo politico Impegno comune apostrofa gli avversari di Tortora nel cuore.
L’attuale gruppo di maggioranza nel Consiglio comunale di Tortora affida ad un comunicato stampa la replica alla notizia diffusa ieri di un nuovo ricorso sulle elezioni comunali del 28 e 29 marzo 2010.
Tortora nel cuore, gruppo di minoranza rappresentato in Consiglio dal candidato a sindaco Raffaele Papa e dal primo eletto Emilio De Filippo, ha infatti deciso di [link] ricorrere al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale contro la sentenza 4050/2011 dello stesso organo di Palazzo Spada che ha respinto il ricorso avanzato a suo tempo da Tnc per irregolarità nell’assegnazione di alcuni voti.
“Con riferimento all’ultima trovata politico-giudiziaria dell’ormai incallito ricorrente di Tortora nel cuore – scrivono Pasquale Lamboglia e i suoi – riguardante, questa volta, un ricorso per revocazione avverso la sentenza del Consiglio di Stato, che l’ha visto già soccombente, e a quanto riportato in alcuni articoli di stampa, riteniamo doveroso fare alcune precisazioni: non si tratta di un normale e ordinario ricorso nel merito al Consiglio di Stato, bensì di un ricorso per revocazione di una sentenza, che è cosa ben diversa e giuridicamente particolare”.
I componenti di Ic scendono poi nel dettaglio della vicenda processuale che ha accompagnato la Giunta Lamboglia sin dall’insediamento in Comune.
“È opportuno – è scritto nel comunicato stampa – ribadire agli incalliti ricorrenti che il Tar Calabria, in primo grado, e il Consiglio di Stato, in secondo e definitivo grado, già si sono pronunciati nel merito delle contestazioni farneticate, rigettando e dichiarando infondato punto per punto il ricorso, chiarendo in modo inequivocabile e particolareggiato che le vicende relative alle procedure elettorali si sono svolte in modo regolare e corretto”.
Nella nota, Lamboglia e compagni criticano “l’accanimento giudiziario” dei componenti di Tnc giudicandolo inutile perché vanificato dalle decisioni degli organi giudicanti oltre che dall’opinione pubblica.
“Evidentemente – prosegue Impegno comune – gli incalliti ricorrenti non si vogliono rassegnare alla sconfitta elettorale e alla conseguente bocciatura giudiziaria, e così propongono adesso un ricorso per revocazione al Consiglio di Stato, la cui ammissibilità presuppone errori formali e materiali, sviste palesi o un evidente abbaglio dei sensi del collegio giudicante. Cosa che di per sé costituisce un’insinuazione ridicola e del tutto assurda.
Questo istituto – precisano Lamboglia e i componenti di Ic – non è un terzo grado di giudizio, ma vi si può ricorrere soltanto al fine di contestare le conclusioni cui il giudice è giunto sulla base di una falsa percezione della realtà processuale, di una svista, obiettivamente e immediatamente rilevabile, e non può essere utilizzato al fine di contestare genericamente le sentenze, perché altrimenti si rimetterebbe in discussione l’oggetto del contendere su cui Tar e Consiglio di Stato si sono già pronunciati”.
A questo scopo, il comunicato stampa si conclude con un rimando alla sentenze del Tar Calabria e del Consiglio di Stato “a dimostrazione – conclude Ic – che l’infondatezza dei ricorsi presentati non sono opinioni di parte ma sentenze definitive che, piacciano o non piacciano, vanno accettate e rispettate”.
NOTA PER I LETTORI Le conclusioni della sentenza del Consiglio di Stato, allegate al comunicato stampa, vengono di seguito pubblicate integralmente così come da noi ricevute.
CONSIGLIO DI STATO
r.g.n. 9505/2010
Omissis…
DIRITTO
L’appello è infondato e ciò permette di prescindere dall’esame dell’eccezione d’inammissibilità del gravame.
Il prime motivo, con cui si sostiene che al candidato Iorio Biagio Aurelio non sarebbero state attribuite otto preferenze, deve ritenersi inammissibile in quanto tale mancata attribuzione non incide sul numero complessivo dei voti attribuiti alla lista ricorrente, che ha conseguito n. 1229 voti.
Con il secondo motivo si rileva che, nella sez. n. 2 e nella sez. n. 4, sarebbero state annullate quattro schede nelle quali non risulterebbe barrato alcun simbolo, ma sarebbero state espresse preferenze per candidati della lista n. 3, su spazi destinati ad altra lista.
Cosi prospettata, la censura deve ritenersi inammissibile, sia per genericità, sia perche il fatto non risulta dai verbali, sia perché la mancata indicazione del simbolo di lista e la preferenza espressa lungo lo spazio di altra lista determinavano una situazione d’incertezza che giustamente aveva indotto il seggio a non attribuire il voto a nessuna lista.
Analogamente, deve ritenersi inammissibile per genericità e per mancato riscontro nei verbali anche il motivo con cui si sostiene che sei voti, espressi con le stesse modalità, sarebbero stati assegnati alla lista n. 2.
È poi infondato il terzo motivo, con il quale si afferma che nella sez. n. 5 sarebbero state annullate quattro schede in cui la preferenza era stata espressa per candidati della lista n. 3, senza indicazione di alcun veto di lista in quanta, anche in tal caso, mancavano puntuali riscontri a verbale e, comunque, la mancata indicazione della lista aveva determinato una situazione d’incertezza nell’attribuzione del voto.
Con la censura successiva si sostiene l’erronea dichiarazione di nullità di sette schede, perche recanti l’indicazione “candidato consigliere comunale”.
Il motivo non trovava riscontro nei verbali, nè risultavano indicati i nomi candidati cosi individuati e, comunque, la declaratoria di nullità di tali schede doveva considerarsi legittima, in relazione al fatto che tale aggiunta costituiva un chiaro sego di riconoscimento.
È, inoltre, infondato il motivo con cui si rileva che alcune schede della sez. n. 4 sarebbero state trasmesse al Comune ed al Tribunale solo il giorno successivo, atteso che ciò non rilevava, in difetto di altri motivi, sulla regolarità delle operazioni elettorali.
Non sussisteva, inoltre, l’asserita discrepanza tra schede vidimate e schede utilizzate, in quanto ciò trovava giustificazione nel mancato computo, a verbale, delle schede dei soggetti che avevano votato per attestazione del sindaco.
Infine, deve considerarsi irrilevante l’ultima censura sul voto assistito in quanto, considerato che in un caso l’impedimento risultava accertato per la indicazione di cieco civile contenuta nel libretto I.n.p.s., va rilevato che il numero degli elettori di cui si affermava il mancato accertamento del legittimo impedimento, individuati nel residuo numero di tredici, non sarebbe stato sufficiente a superare la prova di resistenza rispetto alla lista controinteressata “Impegno comune” che, avendo conseguito n. 1244 voti, aveva prevalso sulla lista n. 2 (con 1229 voti), per quindici voti di differenza.
In relazione a quanto esposto, l’appello dev’essere respinto, perche infondato.
In considerazione della peculiarità delle questioni trattate, le spese e gli onorari del giudizio possono essere compensati fra le parti ivi costituite.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 9505/2010, lo respinge.
Spese ed onorari del secondo grado di giudizio compensati fra le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Cosi deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 15 marzo 2011, con l’intervento dei giudici.
N. 09505 2010